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Accompagnamento all’affido: le parole per dirlo

     “Conoscere la propria storia, essere informati sugli eventi significativi che l’hanno caratterizzata, costituisce un ingrediente assai importante per garantire un’adeguata crescita psicologica della persona. La conoscenza degli avvenimenti che hanno fatto di noi ciò che siamo rappresenta, infatti, un fattore molto importante perché si possa avere con gli stessi una “relazione” caratterizzata da equilibrio e consapevolezza

(Fonagy e Target, 2011; Wallin, 2009)”.

L’accompagnamento all’affido dei minori è un processo delicato. Mette a dura prova tutti gli attori coinvolti (minori, genitori e professionisti) e stimola l’operatore a mettere in campo tutte le risorse personali e professionali possibili. È nostro dovere porre la massima attenzione alla tutela del minore, tenendo conto che si ha di fronte un bambino che ha vissuto una vicenda difficile e dolorosa. Ad oggi è risaputa l’importanza di mettere a conoscenza il bambino rispetto a ciò che gli è accaduto e ciò a cui andrà incontro. Infatti, dire bugie, nascondere o distorcere eventi importanti che lo riguardano è fonte di pregiudizio per la sua crescita. Ne consegue che per dire la verità bisogna utilizzare un linguaggio chiaro e accessibile al minore oltre che misurato nei contenuti.

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Per fare ciò ci siamo avvalse del concetto di “verità narrabile” (Donatella Guidi, Tosi 1997). Si tratta di una verità che non corrisponde alla mera realtà dei fatti. Rispetta la sostanza degli eventi, modulandosi in base alle caratteristiche e ai bisogni del bambino. Il linguaggio utilizzato nella narrazione è di tipo metaforico. Parla al mondo emozionale del bambino, dandogli la possibilità di crearsi una rappresentazione di ciò che è successo.

La storia di Lily e Mimì

Lily e Mimì sono due sorelle di 7 e 4 anni la cui madre, Giada, per una serie di ragioni che non specificheremo, ha preso la sofferta decisione di lasciare il percorso comunitario. Giada si è completamente affidata alle operatrici di riferimento per comunicare alle figlie la propria scelta. Questo ha sollevato diversi interrogativi: come è possibile aiutarla? Quali sono le parole per dirlo?

Considerata la maturità psicologica delle bambine si è pensato di veicolare la comunicazione attraverso la “spiegazione-racconto”, facilitando la comprensione della situazione e stimolando così le minori a fare domande.

È stata scelta la storia de’ “I tre piccoli gufi” di Martin Waddell. Qui tre piccoli gufi si svegliano nella notte e non trovano la loro mamma nel nido. Nel racconto viene illustrata l’angoscia e la preoccupazione dei tre fratellini di essere stati abbandonati, anche se mamma-gufo si era allontanata per procurare loro il nutrimento.

Ciò ci ha permesso di spiegare un concetto importante: anche quando siamo lontani l’amore resta. Anzi, spesso ci si allontana per pensare al bene dei propri piccoli. La storia è stata ben compresa e assimilata. Le bambine si sono riconosciute e immedesimate nei personaggi e nelle loro emozioni. Ciò ha permesso alle bambine di fare domande sul comportamento dei protagonisti (ad esempio: “perché mamma gufo va via?”) e alle operatrici di restituire un significato alle azioni e di dare un nome alle emozioni. Inoltre è servita all’equipe per gestire i loro momenti di crisi e sconforto fungendo da regolatore emotivo.

Pagina 6 della storia ”Il viaggio dei tre piccoli gufi” scritta dalle operatrici della comunità

Ben presto la comunità mamma-bambino si è rivelata un luogo non adeguato a due minori non accompagnate, dato che le costringeva a confrontarsi quotidianamente con il loro vissuto abbandonico. Si è reso quindi necessario predisporre il trasferimento di Lily e Mimì in una struttura per soli minori.

Pertanto ci siamo interrogate su come questo passaggio potesse non essere percepito come un ulteriore abbandono.

Una storia su misura per l’accompagnamento all’affido

La risposta è emersa grazie all’aiuto dell’equipe e del supervisore clinico. La supervisione, infatti, è stata un momento di condivisione sotto la guida della psicoterapeuta. Come un direttore d’orchestra, è riuscita ad armonizzare le idee di ognuna in un’unica sinfonia. Ciò ha portato alla co-costruzione di una storia cucita su misura sulle due bambine. La scelta è stata quella di proseguire la narrazione del racconto precedentemente utilizzato, impiegando gli stessi personaggi nei quali sia la madre che le figlie si erano immedesimate.


Per leggere la storia completa ”Il Viaggio dei tre piccoli gufi” scritta e disegnata da alcune operatrici della comunità Casa La Vita


In questo nuovo racconto i tre gufetti si trovano di fronte all’arrivo dell’inverno, che ha reso il bosco un luogo inospitale. Rattristato per non riuscire più a proteggere i gufetti dal freddo, il bosco invia loro un aiuto chiamando l’amico vento che li conduce in un magnifico bosco incantato (“Certo, il bosco invernale sarebbe mancato, ma capirono anche li aveva aiutati e protetti dal freddo”).

Alla lettura della favola è poi seguita la comunicazione vera e propria del trasferimento, che ha suscitato una reazione di sconforto nelle due piccole. Per aiutarle a visualizzare e concretizzare la nuova destinazione, ci eravamo procurate delle foto della struttura, sia della loro cameretta che degli spazi comuni. In questo modo è stato facilitato il processo di idealizzazione. Grazie a questo passaggio le bambine hanno iniziato a fantasticare sul loro futuro, comprendendo maggiormente le ragioni del trasferimento e la nostra volontà di proteggerle e tutelarle. Inoltre, per elaborare il distacco, abbiamo creato insieme a loro un album con le foto dei momenti trascorsi con le operatrici e gli ospiti, così da valorizzare la relazione e di conseguenza loro.

Pagina 10 della storia ”Il viaggio dei tre piccoli gufi” scritta dalle operatrici della comunità

Ciò che ha dato valore a questa esperienza, per quanto dolorosa, è stato vedere Lily e Mimì uscire dalla nostra comunità con il sorriso e cariche di aspettative e curiosità verso la nuova casa. Questo è stato un chiaro indicatore di come il lavoro d’equipe sia stato efficacie e funzionale alla buona riuscita del progetto.

Arianna Lanfranchi e Virginia Gatti

Immagine di copertina: disegno di Laura Locatelli, operatrice della comunità Casa La Vita