Centri Snodi

Il progetto di sostegno genitoriale all’interno delle comunità Alda Merini e Frida Kahlo

Quando nasce il progetto

Il progetto di sostegno genitoriale delle comunità Snodi è nato nel 2017, poco dopo l’implementazione del metodo Get® all’interno delle comunità destinate alle giovani donne con diagnosi di disturbo borderline. Il metodo Get® dedicato ai pazienti borderline prevede infatti, nella sua forma ambulatoriale e semiresidenziale, l’accompagnamento delle famiglie in cui vivono questi pazienti. L’implementazione del metodo all’interno della comunità non esula pertanto dall’attivazione di un sostegno dedicato proprio ai familiari. Si è infatti da subito notato che, insieme alla presa in carico di queste ragazze, fosse necessario accompagnare le famiglie ad una progressiva accettazione del disturbo e alla permanenza delle ragazze all’interno della comunità.

Differentemente dall’utenza che precedentemente era inserita all’interno delle comunità Artemisia Junior, e successivamente della comunità Alda Merini, le ragazze con DBP non avevano un decreto che prevedesse la non frequentazione dei genitori o la perdita della potestà genitoriale. I genitori restavano pertanto molto presenti all’interno della vita delle ragazze, seppure in comunità. Erano quindi un interlocutore che poteva fare la differenza in termini di collaborazione o ostacolo alla permanenza delle ragazze all’interno delle strutture.

Motivi del sostegno

Il coinvolgimento della famiglia nel trattamento delle ospiti è una componente essenziale nella gestione delle stesse. La famiglia del ragazzo costituisce infatti la struttura relazionale privilegiata in cui il soggetto portatore di disagio si trova implicato. In egual modo è anche il luogo in cui il disturbo stesso si manifesta più intensamente, comportando così un ingente carico emotivo per i familiari.

Disfunzionalità familiare
Un carico emotivo eccessivo crea disfunzionalità familiari

Da un lato, in molti casi, le famiglie stesse contribuiscono in modo significativo alle difficoltà dei pazienti. Dall’altro, il livello di difficoltà dei pazienti impatta in modo negativo sulla capacità della famiglia di funzionare in modo adeguato. Spesso l’intervento comunitario viene richiesto non solo per la gravità della situazione psicopatologica manifestata dall’ospite, quanto per l’assenza o la mancanza di consistenza del tessuto familiare circostante il soggetto e che quindi non è in grado di gestire al meglio la patologia presente.

Il collocamento in strutture comunitarie sposta nel tempo il problema e lo dirada, non risolvendolo. Spesso la famiglia continua ad avere contatti con il figlio (personali o telefonici) e in molti casi è previsto un ritorno nel nucleo familiare di origine. Questo deve quindi essere pronto a gestire le disregolazioni emotive che in ogni caso potrebbero presentarsi. La famiglia può, in questo caso, svolgere un ruolo essenziale nella gestione di un adolescente con DBP, sostenendolo nell’utilizzo delle competenze in terapia, o utilizzandole a loro volta, e imparando a modificare la modalità di risposta ai comportamenti patologici del ragazzo.

Obiettivi del sostegno

Partendo da questi presupposti, il progetto di supporto familiare considera i familiari come partner e non come oggetto del trattamento comunitario. Si elimina così qualsiasi forma di colpevolizzazione, anzi, si cerca di attivare le risorse presenti in ogni famiglia.

Il supporto si propone di rispondere a due domande presenti nelle famiglie:

  • la richiesta di accudimento e di contenimento delle ansie della famiglia che ha un adolescente ospite in comunità, del cui progetto è parzialmente consapevole e che viene vista in modo ambivalente. Come un’istituzione che, alternativamente, cura e aiuta il proprio figlio, ma che attesta la mancanza educativa genitoriale del momento;
  • la necessità di conoscere le caratteristiche della patologia borderline attraverso un approccio psicoeducazionale. In questo modo viene mantenuta una coerenza di visione e di interventi con quelli presenti all’interno delle comunità. Questo per migliorare la comunicazione e ridurre il carico emotivo.

Modalità del sostegno

Sostegno di gruppo
Sostegno di gruppo fatto di condivisione e informazione

Il gruppo è composto dai familiari, prevalentemente genitori, delle ospiti delle comunità Frida Kahlo e Alda Merini. L’omogeneità dei componenti del gruppo, familiari delle ospiti appartenenti alla stessa comunità, è attualmente un vantaggio. Questo perché è maggiore la quantità di condivisione che i genitori spartiscono. Il gruppo, della durata di un’ora e mezza su base mensile, si compone di tre momenti:

  • una componente di raccolta di feedback sul mese trascorso,
  • una componente didattico-pratica,
  • una discussione personale.

Primariamente viene colmato il bisogno di informazioni sul disturbo: i sintomi e la loro interpretazione, l’eziologia, la vulnerabilità emotiva e comportamentale e le modalità di trattamento attuate in comunità.

Progressivamente si propone di considerare le modalità disfunzionali del figlio come elemento di interazione con delle dinamiche disfunzionali familiari. Questo per trovare modalità di comunicazione e di confronto più efficaci. O anche per ridurre le interazioni negative e per gestire le crisi emotive e i loro correlati comportamentali.

Il gruppo come elemento fondamentale

La funzione del gruppo, che è un elemento fondamentale e imprescindibile del trattamento con il metodo Get®, viene riportata anche nel gruppo dei genitori. Attraverso la condivisione si trova infatti un’emotività condivisa che offre sollievo, libera dalla solitudine, e aumenta lo spazio di pensiero libero dal troppo coinvolgimento, per guardare se stessi attraverso gli altri.

I genitori e i familiari, che entrano nel gruppo a intervalli non regolari, si confrontano anche sulle diverse fasi del percorso dei figli. Come i loro ragazzi, i genitori più avanti nel percorso sanno infondere speranza e strategie ai genitori appena entrati, che sentono il gruppo come posto di accoglimento e di comprensione della propria esperienza.

L’efficacia di questo supporto viene verificata attraverso dei questionari consegnati all’inizio e alla fine del percorso, che valutano il carico emotivo del familiare.

In alcuni casi (situazioni particolari di rientro a casa, urgenze del nucleo) viene data disponibilità anche ad un colloquio personale e individuale con la famiglia singola. Ciò consapevoli che l’intervento, in questo caso, è puntiforme e dettagliato, e che il gruppo resta il luogo privilegiato di supporto e di apprendimento.

In quanto referente del supporto genitoriale fin dalla sua creazione, è fondamentale che ci sia uno scambio continuo con le operatrici che si occupano dei ragazzi. Tutto ciò senza però sovrapporre gli interventi e lasciando che i due percorsi, quello terapeutico comunitario e quello di supporto genitoriale, scorrano su binari paralleli ma distinti.

Ilaria Carretta

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